Lo sport come mezzo di emancipazione sociale
Nelle periferie cittadine serpeggia da tempo un malcontento collettivo verso la
politica e le istituzioni che neanche associazioni e parrocchie con le loro iniziative riescono a tenere a bada, ancora di più nei quartieri in cui, per vivere, bisogna lottare. Soprattutto in quelle zone afflitte dalla cultura mafiosa, con organizzazioni criminali sempre pronte a reclutare nuove leve, muore nei giovani la speranza di un cambiamento. Proprio i giovani diventano vittime di un destino che sembra ormai scritto e di pari passo con questo sentimento di insoddisfazione per le scarse prospettive di vita, cresce anche il numero di abbandoni scolastici.
La pretesa di una vita priva di formazione ed educazione che vacillano in questi luoghi diventa, quindi, una forma di protesta contro il potere istituzionalizzato, ed è proprio qui che entra in gioco lo sport, che si presenta come un valido strumento per dialogare ed educare non solo i ragazzi ma anche le famiglie. Questo perché attraverso la pratica sportiva si introiettano regole e valori che danno ai giovani l’opportunità di sentirsi vincenti nella legalità.
Intervenire con la riqualificazione di aree periferiche abbandonate
Lo sport come fenomeno sociale vince la criminalità dei quartieri, e lo fa non togliendo ragazzi e ragazze dalle strade, ma migliorando quelle stesse strade attraverso la riqualificazione dei quartieri. Come? Attraverso la costruzione di palestre popolari in cui potersi ritrovare e far nascere iniziative importanti che coinvolgono l’intera comunità delle periferie più difficili e malfamate. Questo perché i presidi sportivi diventano centri di aggregazione nei quartieri incoraggiando a stili di vita sani, i soggetti di tutte le fasce d’età.
In questa direzione si muovono ormai da tempo regioni e amministrazioni locali che moltiplicano i finanziamenti e promuovono progetti che mirano ad intercettare come pubblico le persone più svantaggiate sia socialmente sia economicamente. Nella maggior parte dei casi, questi progetti per la costruzione di presidi sportivi sono rivolti ad associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e/o a società sportive dilettantistiche (SSD) e fine ultimo è la creazione di sinergie tra queste e istituzioni scolastiche ed enti locali nella comunità di riferimento. Ed è giusto questo che prevede per le palestre non una missione altra, ma ampliata rispetto a quella usuale. Non solo attività sportiva gratuita per tutti, dai più giovani ai più anziani, ma anche attività educative, come i doposcuola pomeridiani per i bambini.
Storie di periferia, di riscatto e legalità
Tra i tanti esempi di progetti che hanno preso vita nel nostro paese, in cui lo sport è stato il motore per riscrivere storie che avessero il miglior inizio possibile, nonostante le condizioni di partenza, c’è quello di una borgata della periferia romana, il Quarticciolo. Zona urbana limitrofa ed emarginata, piena di case popolari consumate dal degrado architettonico, ha visto sbocciare un fiore per le sue vie: una palestra popolare piena di vita associativa. Inizialmente preposta ad ospitare allenamenti e incontri di boxe, intorno al ring, ha visto poi intrecciarsi nuove esperienze, dal comitato di quartiere ad attività di recupero scolastico per i ragazzi del borgo. Impossibile non citare poi la bellissima iniziativa nata nel periodo emergenza sanitaria COVID-19 durante il lockdown con l’allestimento di un banco alimentare che nei quartieri poveri diventa risorsa indispensabile per sopravvivere.
Questo percorso sportivo, educativo ed associazionistico è stato narrato attraverso gli scatti di Daniele Napolitano, residente di borgata e attivo frequentatore della struttura sportiva, e dalla penna di Giovanni Cozzupoli, allenatore per diversi anni nella stessa. Con “Oltre il ring. Come la boxe ha cambiato una borgata”, questo il titolo del libro, davvero possiamo farci ispirare da realtà e da gente che con le proprie forze cerca di risollevarsi, arginando tutti quei problemi di povertà, emarginazione e criminalità.
Recentissima, invece, del 29 novembre 2021 è l’onorificenza a Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferita dal presidente Sergio Mattarella a Rachid Berradi, ex atleta olimpico. Un titolo che racconta un’altra bellissima storia: quella di un palermitano d’adozione, protagonista dell’atletica leggera e di un’altra narrazione in cui ha svolto il ruolo di allenatore di calcio di circa 14 ragazzi tra i 14 e i 19 anni provenienti dal quartiere Zen di Palermo, uno tra i quartieri siciliani e italiani più problematici e disagiati. Un posto dove è altissimo il tasso di abbandoni scolastici e in cui già da minorenni le bande diventano le squadre con cui gareggiare a scippi e borseggi per vincere la galera. Creare gruppo attraverso la squadra Atletico Zen e rappresentare il quartiere per qualcosa di positivo, celebrando personaggi che hanno fatto la storia come Paolo Borsellino –al Primo Memorial Calcio a 5 dedicato al giudice ucciso dalla mafia- è stata una vera rivincita per ognuno di loro.
E tutto questo succede proprio perché, come diceva Mandela, “lo sport ha il potere di cambiare il mondo, ispira e unisce le persone come poche altre cose riescono a fare. Parla ai giovani in una lingua che essi comprendono. Lo sport può creare speranza là dove prima c’era solo disperazione”.
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